Orazione del 25 Aprile 2013

Innanzitutto desidero porgere un saluto e un ringraziamento a tutti i presenti ed anche a coloro che per vari motivi avrebbero voluto essere con noi oggi per le celebrazioni di questo 68° 25 Aprile ma non hanno potuto.

Celebrare oggi l’anniversario della Liberazione assume un significato particolarmente profondo ed importante che deve essere bagaglio di ciascuno di noi, tutti i giorni. D’altronde sarebbe troppo riduttivo limitarsi semplicemente ad un mesto ricordo e alla pur giusta posa degli omaggi floreali a martiri della Resistenza.

Proprio oggi sono loro che invocano a gran voce la nostra attenzione e la nostra militanza antifascista, proprio in un momento in cui poche sono le certezze occorre tenere la barra dritta e la testa alta. Proprio ora è necessario non limitarsi alle cerimonie ma essere davvero militanti antifascisti. Proprio ora occorre essere coerenti con i principi e i valori cui si ispirarono i giovani della Resistenza.

Antifascismo e coerenza, due valori che devono davvero andare di pari passo, poiché uno non può essere senza l’altro. La coerenza deve essere il valore che ci guida sempre nell’applicazione dell’antifascismo, deve farlo tutti i giorni senza compromessi, senza tentennamenti. La fase revisionista, e il sudiciume del fascismo si fa sotto tutti i giorni, sotto aspetti diversi e con modalità differenti ed e proprio lì che dobbiamo applicarci di più. La pratica della militanza, del pattugliamento della Costituzione dev’essere pratica quotidiana, supportata anche da azioni quotidiane.

Altrimenti  succede ciò che accadde pochi giorni or sono, ovvero che a Torino, la IX circoscrizione, pari ad un grosso comune della valle, come abitanti almeno, impedisca con un vergognoso ordine del giorno che sia L’ANPI del quartiere Nizza Lingotto ad organizzare le celebrazioni di questa giornata. Adducendo menzogne e falsità, ed esempio che i partigiani combatterono per instaurare il comunismo di Stalin, non per liberare l’Italia dal giuoco nazifascista. Altrimenti può accadere di ritrovarsi i giovani nazifascisti a comizio dentro scuola o l’università pubblica, quelle si presidio di democrazia, con spesso l’avvallo della politica e di quelle istituzioni che invece dovrebbero perseguirli.

Ed allora succede che qualcuno si frapponga a tutto ciò, succede di non tollerare più questo scempio e queste derive, ci si schiera, ci si frappone appunto. E cosa succede? Succede che a pagare sono sempre gli antifascisti, mentre la controparte gongola assolutamente indisturbata, tranquilla, di fatto legittimata. La società cosiddetta civile prende le distanze, si volta altrove, non vede, o meglio non vuole vedere, ed allora abbandona chi dovrebbe aiutare, chi dovrebbe sostenere.

Non possiamo, proprio per la coerenza di cui prima, tollerare oltre tutto questo, dobbiamo smetterla di pensare che, vabbè sono solo episodi isolati, casi singoli, ma di fatto ricordiamoci che tanti piccoli episodi isolati, tutti insieme descrivono un'emergenza che oggi è tutt’altro che lontana e di fronte alla quale non possiamo più chiudere gli occhi.

La politica ormai sempre più sorda, lontana dai cittadini, dal popolo, vive un’Italia diversa da quella che tutti noi conosciamo. Fatta da un lavoro che non c’è, dall’insicurezza dell’arrivare sino a fine mese, sino al giorno seguente. Alcuni di loro, L'abbiamo visto in televisione, di fronte ad una nazione che protesta, che s'indigna, si chiedono addirittura “ma che voglio questi?” senza rendersi conto che la misura è colma e che i cittadini vogliono riprendersi i loro diritti. Dicevo, non se ne rendono conto, sono slegati dal paese reale e non si vergognano neppure un attimo, un secondo. Una classe politica che promette e non mantiene, che si erge a paladina della democrazia e della legalità, ma quale legalità? Quella degli indagati per concussione, per corruzione, per associazione a delinquere, per associazione esterna alla mafia? Quella legalità?

Anche per questi motivi oggi non può bastare avere la tessera dell’ANPI in tasca per essere antifascisti, oggi occorre che tutti noi diveniamo custodi, veri, reali, di quei valori per cui una generazione intera combatté, si sacrifico, perse la vita. A quei valori, se ne sono aggiunti altri, con toni diversi, e sono la difesa dei beni comuni, dei territori, delle libertà personali, riguardino esse cittadini italiani o stranieri ospiti del nostro paese.

Spesso sentiamo dire che non c’è più il fascismo, che i tempi sono cambiati, che il periodo storico, culturale e politico è diverso, e che non c'è più bisogno dell'ANPI.

Balle!

Oggi più che mai ne abbiamo bisogno, di un ANPI, vero, attento ed attivo e di tutte le sue componenti, con suoi principi.

Attualizzare oggi quei valori diventa fondamentale ed irrinunciabile. Ribadire la propria libertà, i propri diritti e quelli degli altri andando oltre i luoghi comuni, le difficoltà, le vessazioni significa in qualche modo avere già fatto proprio l’insegnamento scaturito dalla Resistenza antifascista. Spesso le scelte consapevoli ci portano ad attirarci addosso ingiurie e falsità, chi trova la forza per andare oltre a tutto questo, in qualche modo, ha già vinto la propria battaglia e sta già costruendo un pezzo nuovo di futuro.

Lo dobbiamo a chi non c'è più, a loro, a mio padre, a Giovanni, a Ernestina, a Maurizio, a Francesco ed anche a Mario e a Ugo che da sempre ci insegnano e ci spronano, ma lo dobbiamo innanzitutto a loro, ai bambini di oggi e a quelli che invece dovranno ancora venire, perché a loro nulla è ancora garantito. Perché domani non abbiano a dirci "...ma voi, dove eravate?"

Termino e vi saluto con le parole di Giuseppe Dossetti, partigiano, sacerdote e che per un non nulla non furono scritte nell'articolo N.3 della costituzione: La resistenza, individuale e collettiva agli atti dei pubblici poteri, che violino le libertà fondamentali e i diritti garantiti dalla presente Costituzione, è diritto e dovere di ogni cittadino.

 

Cerchiamo di resistere!

Buon 25 Aprile!

 

Mario Solara

 

 

La 114esima Garibaldi era distaccata alla scuola della Rocca sopra Mocchie, a Condove, sulla strada per Vaccherezza. Da qui, oggi, vogliamo partire per raccontare la Liberazione. Da una scuola, oggi come ieri, in Italia, simbolo di una società in difficoltà, che non vede i suoi giovani come un futuro se non pezzi di un ingranaggio funzionale al potere.
Ottanta anni fa si andava a scuola e si imparava a essere giovani fascisti. Non c'era scelta. Ci si sedeva e si imparava a odiare il negus, a odiare il nemico e a esaltare il grande destino dell'Italia nel fascismo, mentre lo stesso fascismo impediva la libera circolazione delle idee e delle persone, picchiava, torturava, mandava in esilio, mandava allo sbaraglio i figli di un Italia in ginocchio su fronti impossibili da difendere.
La scuola non era cultura ma propaganda. La maggior parte dei bambini cresceva con un pensiero univoco dove ogni dubbio era zittito o punito.
Dopo la Liberazione la scuola è diventata la casa di tutti, dove il figlio dell'operaio poteva avere la stessa istruzione e le stesse possibilità del figlio del notaio. Un concetto rivoluzionario per l'epoca. La Liberazione non aveva regalato all'Italia solo la libertà e la democrazia ma anche la speranza, che il futuro dei nostri figli sarebbe stato migliore. 
Quel risultato era il frutto di una profonda presa di coscienza dello scempio che la dittatura stava facendo del Paese e del sacrificio di tanti ragazzi e ragazze che hanno dato la propria vita per permettere ad altri coetanei di fare un salto in avanti, di essere liberi, pensanti.
Oggi sembrano tornare quei tempi bui. La scuola è nuovamente vessata, maltrattata, impoverita. Perché ancora una volta l'assenza di istruzione e di cultura, più in generale, è funzionale a un potere che ci vuole vuoti, inerti e inermi di fronte a qualsiasi sua scelta. 
La nostra scelta deve essere differente. Dobbiamo scegliere di partecipare, di capire e di difendere quei diritti, tra cui quello all'istruzione, che sono costati vite umane, sangue, sacrifici, povertà e dolore.
Quella scuola di montagna sopra Mocchie, da cui siamo partiti, oggi è abbandonata, vuota, morta. Non lasciamo che la nostra scuola, quella dell'Italia tutta, faccia la stessa fine. Lottiamo per sapere e per essere.

 

Paola Meinardi

Partigiani in 1° fila!!!
Partigiani in 1° fila!!!